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IL LIBANO

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Il Libano è stato per millenni ed è tutt’ora un porto di mare, un luogo di passaggio e di scambio: un crocevia tra l’Europa e l’Asia ed è, per questo motivo, sempre stato caratterizzato da una coesistenza di culture, di popoli e di religioni molto diverse. Intervallando momenti di pace e di conflitti, questa molteplicità ha contribuito ad arricchire e a modificare costantemente questa terra che, come intona l’attrice e cantante libanese Sabah, “racchiude in sé il mondo intero”. In questo piccolo angolo di mondo si concentrano interessi geopolitici ed economici di diversi attori regionali ed internazionali. Interessi che hanno plasmato l’economia, la politica e la società libanese fin dalla sua nascita nella prima metà del ‘900. Il Libano è reduce da una guerra civile durata 15 anni e terminata nel 1990, da numerose invasioni israeliane, di cui l’ultima nel 2006, ha ricevuto un massiccio afflusso di rifugiati palestinesi (’48, ’67) e siriani (2011) (il Libano ha il il più alto numero pro capite al mondo di rifugiati), condizioni che hanno contribuito ad acuire la crisi economica e la stabilità politica.
La situazione economica, politica e sociale libanese è andata deteriorandosi nel corso degli ultimi anni: dal 2011 al 2017, il PIL è decresciuto del 2% e già nel 2018 si profilava una crisi finanziaria dovuta al debito pubblico arrivato a 85 miliardi di dollari (più del 150% del rapporto debito-PIL). 

Il tracollo è avvenuto a marzo del 2020 con la dichiarazione di default del governo, ma già da mesi la crisi sferzava i libanesi che nell’ottobre del 2019 sono scesi in massa nelle strade del Paese  per chiedere le dimissioni del governo e dell’intera classe dirigente  – sempre la stessa fin dalla fine della guerra civile – accusata di corruzione e inefficienza.  Larga parte dei manifestanti chiedeva altresì l’abolizione del sistema confessionale su cui si basa la distribuzione delle cariche istituzionali del Paese. 
E’ opinione comune che il sistema clientelare e la corruzione nelle istituzioni siano tra le principali cause della terribile crisi che oggi vive il Libano dove la valuta locale è ormai carta straccia e il carovita ha ridotto in povertà oltre il 70% della popolazione.  In Libano una risicata minoranza di persone detiene la maggioranza della ricchezza, come evidenzia uno studio di OXFAM del 2019: “sette miliardari libanesi possiedono una ricchezza personale di 13,3 miliardi di dollari, dieci volte quello della metà dei libanesi)

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Negli ultimi due anni la situazione è peggiorata ulteriormente. All’incapacità del governo di fornire servizi di base, come elettricità, acqua potabile, trasporti pubblici, smaltimento dei rifiuti, si è aggiunto il taglio dei fondi all’unica università pubblica del Libano e a diversi ministeri, nonché la mancanza di carburante, di medicinali e di beni di prima necessità. 
La pandemia di COVID ha aggravato ulteriormente la situazione e ad agosto 2020 il Libano ha subito un altro durissimo colpo: l’esplosione al porto di Beirut con il suo carico di centinaia di morti, feriti e distruzione. Il Libano ha bisogno di aiuti internazionali per risollevarsi dalla crisi. Ha avviato trattative con la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale che hanno posto come condizione per la concessione di prestiti, non solo profonde riforme non ancora realizzate ma anche privatizzazioni e interventi economici che hanno sollevato  apprensione in molti libanesi che giudicano l’FMI uno strumento di dominio finanziario e politico.

Questa piccola nazione del Medio Oriente è da sempre al centro di interessi delle potenze regionali e internazionali che hanno i propri referenti nella classe politica libanese (Il movimento  Futuro  di Hariri è legato all’Arabia Saudita e il movimento Hezbollah è foraggiato dall’Iran).  
Lo scontro regionale tra Riad e Teheran si ripercuote in Libano dove di recente si è aperto una pericolosa crisi diplomatica con i Paesi del Golfo che sono tra i maggiori investitori nel Paese.    Il potere politico è lontano dal popolo. Il popolo non ha fiducia nella capacità della politica di mettere fine alla crisi e chi può sta lasciando il paese. Il fenomeno sta raggiungendo livelli elevati, con decine di migliaia di persone già partite e centinaia di richieste di passaporto registrate ogni giorno. 
In questo scenario, all’orizzonte si stagliano le elezioni politiche del prossimo maggio, in cui la società civile si augura di poter incidere.

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